Non è una notizia dell’ultima ora che io amo sia i libri che la psicologia, infatti l’ho detto e ribadito anche recentemente durante le presentazioni delle opere alle quali ho assistito durante il recente Buk Romance, il Festival della letteratura romance di Roma, organizzato da Emilio Brancadoro e giunto alla seconda edizione.
Io, autodidatta in tutto, so quel che so avendone letti molti, mentre alla psicologia che fin da giovane mi ha sempre affascinato devo la mia conoscenza delle dinamiche, le virtù e le miserie dell’umanità che altrimenti mi avrebbero limitato alla sfera dell’immaginazione, ossia del pregiudizio e i preconcetti che sono le basi dell’individualismo e peggio ancora del qualunquismo, precludendomi dunque sia la comprensione che la presa di coscienza della realtà effettiva, oggettiva che costituisce la natura e il fine primario e ultimo del mio lavoro in ambito giornalistico e come autore di libri, saggi ecc.
Quella che in buona sostanza mi aiuta a difendermi e a sopportare le pessime derive in atto nell’uomo, e a diffondere la conoscenza delle virtù e dei valori umanistici al fine di alimentarne sia la conoscenza che la riscoperta.
Virtù e valori che soprattutto ormai da tempo, più o meno vent’anni, stanno venendo meno, disgregando sia la civile convivenza che la società italiana.
Una società divenuta ormai il fantasma della sé stessa di un tempo in cui era stata capace di risollevarsi dalle macerie delle grandi guerre e a restare non soltanto a galla, ma soprattutto a entrare a far parte delle cinque grandi potenze mondiali attraverso la messa in atto di leggi epocali, coadiuvate dall’unità sinergica di fini e scopi tra gli italiani.
Una società decaduta e decadente che ahi noi sta importando ormai da anni disvalori e veleni per lo spirito oltre che per la nostra salute sia fisica che mentale da sistemi fallimentari.
Sistemi disumani e incentrati sul profitto ad ogni costo sopportato dai popoli che di fatto hanno provocato effetti deleteri allargati a ogni ambito, aggravando qui in patria le crisi economiche col peso insostenibile di una sorta di dismorfismo aggiunto sia a ignoranza di ritorno che ad analfabetismo funzionale.
In virtù di tutto ciò, ho avuto il piacere di incontrarmi con Roberta Zanzonico, un’autrice giunta al suo secondo romanzo, nonché psichiatra e che nel 2020 diventa docente nella facoltà di Medicina e nel Dipartimento di psichiatria presso la UCLA, ergo una scienziata della mente, che ha presentato il suo romanzo: “LA BELLEZZA RIMASTA”, edito da Morellini Editore, con la quale abbiamo condiviso molto più delle quattro chiacchiere canoniche che solitamente si scambiano tra intervistatore e intervistato, confrontandoci su vari temi della mente.
Di lei mi aveva infatti colpito sia la costruzione narrativa della storia, che i motivi di base che l’hanno portata a scriverla e che a mia volta le ho chiesto e gentilmente ottenuto di raccontare al mio taccuino a beneficio dei lettori di Sport12.it.
ROBERTA ZANZONICO:
“Il mio romanzo parla dell’illusione di poter tornare indietro, ai giorni in cui tutto poteva ancora essere. La protagonista è la signora Chiara, una settantenne che negli ultimi dieci anni non è più stata in grado di registrare nuove memorie.
Rimasta ferma a quando aveva sessant’anni, ricorda perfettamente tutto ciò che le è capitato fino ad allora, ma nulla di quel che è accaduto e le accade dopo. Se tu, ad esempio, la incontrassi oggi e domani la incontrassi di nuovo, lei si comporterebbe come se non ti avesse mai conosciuto. E mentre la gente del piccolo paese in cui vive la prende in giro considerandola un po’ strana, la malattia della signora Chiara finisce per rivelarsi una risorsa per i suoi compaesani.
Ad esempio, c’è un nobiluomo, il signor Morbidelli, una volta rispettato da tutti e orgoglioso del proprio figlio, che ora è un uomo angosciato perché da qualche anno il figlio ha perso il senno e si è perfino cavato un occhio durante un episodio psicotico. La gente del paese lo deride con disprezzo per la malattia del figlio. L’unica che gli riserva ancora sia il riguardo che il rispetto di un tempo passato è la signora Chiara. Poiché non ricorda nulla, non sa del dramma sopravvenuto e in corso, e gli chiede ancora del figlio bello e promettente di un tempo.
Parlando con lei, Morbidelli può tornare indietro ai giorni della speranza, a quelli in cui la vita non era ancora stata definita. L’oblio della signora Chiara permette quindi agli altri di illudersi che il passato non sia mai passato e che sia, infatti, ancora presente.
Il paese di Filaccione è il luogo dove si svolgono tutte le vicende che riguardano anche gli altri personaggi che avranno a che fare con la signora Chiara. Ossia il luogo dove vivrà lo scontro tra illusioni, che sono quelle che ti tengono prigioniero del passato, un passato che non esiste più, e quel realismo che invece ti porta a vivere un tempo presente che sebbene difficoltoso per molti dà la speranza di avere ancora un futuro.”
Grazie Roberta. Come nasce questo romanzo, e qual è il messaggio universale che per suo tramite di fatto lanci al mondo?
“Il romanzo nasce sia dalla mia professione che dalla mia esperienza personale. Come medico psichiatra, molte idee sono nate dall’esperienza e dal confronto con patologie reali con le quali mi imbatto tutti i giorni.
Dal punto di vista personale, ci fu un episodio particolare che accadde quando avevo diciannove anni, nel periodo in cui frequentavo la facoltà di medicina all’università. Dopo la fine di una breve relazione, ero entrata in un bar e il barista, che in passato mi aveva vista con il ragazzo ora assente, mi chiese “sola oggi?”.
Al che presi coscienza del fatto che, almeno nella memoria del barista, nulla era cambiato, era ancora normale chiedere dove fosse lui. Il barista viveva ancora nel passato. Pensai che basterebbe trovare una sola persona che si ricorda di noi come siamo stati per poter tornare indietro. Avrei potuto dirgli che lui mi stava aspettando fuori, e dunque illudendo me stessa che quella storia non fosse mai finita. Da allora pensai di scrivere un libro che poi nel tempo in qualche modo si è diciamo scritto “da solo”.
In questo libro si parla del fascino che il passato ha verso di noi. C’è una domanda nel romanzo: “non è forse più facile tornare indietro che andare avanti?” I personaggi del romanzo però capiranno presto che il passato è un luogo illusorio e che nel passato si può rimanere intrappolati, così da precluderci la possibilità di andare avanti e vivere ancora.
Il messaggio universale che invece vorrei lanciare tramite “LA BELLEZZA RIMASTA” è di avere il coraggio di vivere, affrontando la vita pur con le sue asprezze. Ai miei lettori voglio anche provare a dare conforto, poiché leggendomi e possibilmente ritrovandosi o immedesimandosi nei personaggi, possano sentirsi parte di un tutt’uno, e non più singoli e dunque soli ad affrontare l’esistenza.”
Grazie mille.
La presentazione del libro curata da Michela Tanfoglio, editor e agente letteraria di #EditReal: