Il vento trasportò odori raccapriccianti provenienti dai forni perennemente attivi. Il fumo, veduto in lontananza, esaltava gli aguzzini e metteva a tacere le speranza dei condannati, togliendo loro ogni possibile chiave di appellarsi alla carità della vita… privata oramai dei desideri.
Le sofferenze si insediarono miserabilmente in ogni corpo, martoriato da sovrumani stenti e invecchiato precocemente nella morsa del dolore infinito e dell’ abnegazione della morale cristiana.
La dignità, volutamente calpestata dalla follia belluina degli assassini, finì per scemare inesorabile dinnanzi alle torture da essi inflitte.
Auguzzini capaci di generare orrore, indussero migliaia di vittime a invocare la morte più del proprio Dio e della salvezza dell’anima.
Essenze trasformate in brandelli di pelle, furono sacrificati alla cattiveria infima a cui da sempre l’uomo è degno servitore e vagarono nell’ oscurità della stanza, consegnando il loro sacrificio alla sottomissione ingiusta.
Nessuna domanda ebbe mai risposta; nessuna azione fu dettata dall’indulgenza, né si riuscì a sconfiggere l’odio.
La vita, negata alle tante vittime dall’ostracismo dei folli sicari, fu rinnegata e barattata in fretta con il sollievo della morte.
I corpi dei tanti disgraziati martoriati dal terrore, rimasero in preghiera fino all’ultimo respiro, accovacciati su fetide brande numerate, stipati nella morsa del gelo notturno che apportava lo stesso tormento vissuto durante il giorno.
Qualcuno urlò con disprezzo l’effimero scempio alla vita, altri invece smorzarono i sospiri e diedero voce al pianto silente, abbandonati dalle forze.
La notte del condannato era spesso vissuta come l’ultima tregua concessa, prima della macabra esecuzione e alle prime luci dell’alba, all’interno di stanze buie e maleodoranti, il sacrificio degli innocenti veniva assolto.
Una nenia, malinconica e struggente, ribaltò alla memoria vecchie e lontane note, come saluto conclusivo alla vita rubata.
“Coraggio fratelli…cantate e respirate più che potete, affinché lo strazio disumano per tanta stoltezza, risparmi ai nostri occhi l’amara visione di catapultarci sull’altro. Cantate fratelli e non abbiate più paura… la fine del dolore è vicina”, sussurrò fra le lacrime una condannata in fila, mentre si avviava alle docce. Respirare a bocca aperta il gas che usciva dalle fessure del soffitto, avrebbe rappresentato una morte repentina e forse, meno dolorosa all’orrore veduto dagli occhi.
E lei cantò e ancora oggi il suo canto aleggia nelle notti fosche e ha il compito di redimere la volontà di tutti gli uomini affinché nessuno abbia mai a pensare di prevaricare sull’altro… chiunque egli sia!