Il tempo sfuggì al controllo di Chloé e venne percepito come vissuto all’interno di un tunnel privo di luce.
Chloé indossava da giorni la camicia bianca del suo amante, lasciata come dono di sé per rendere sopportabile il loro lungo distacco. L’indumento, ormai stropicciato, non emanava più le note agrumate della colonia né l’essenza del “toscanello” tanto preferito dall’uomo. Tutto era scemato via durante quei giorni di solitudine resi ancora più insopportabili dal caldo di agosto e dalla città vuota.
Desiderosa di contrastare l’infinita mestizia, Chloé, sfiorò il cannoncino della camicia con il tocco delicato delle dita immaginando di perpetuare lo stesso rituale sulla pelle a lei cara.
Sull’orlo della camicia, scorse poi, una macchia essiccata, lasciata dal seme del suo uomo nella bramosia di consumare il loro ultimo e frettoloso amplesso. Tale visione riportò alla memoria, attimi intensi e proibiti che inebriarono Chloé di ricordi e tentarono persino di lenire gli effetti della malinconia, capace di gettare il corpo in una perenne apatia difficile da contrastare.
Ubriaca di nostalgia, la donna, accese una sigaretta e iniziò a fumare nervosamente, accovacciata in terra, dinnanzi alla finestra chiusa, in un angolo del soggiorno.
Rimase lì per ore con le ginocchia sotto al mento persa nel bagliore dei raggi del sole che oltrepassavano il vetro e infondevano calura nel tentativo di risvegliare il corpo lasso, trasportato dai tanti pensieri che correvano veloci e si aggrovigliavano fra essi nell’esaltazione di scene e ritmi rubati alla normalità di un rapporto di coppia che non era il suo.
Le emozioni assunsero repentinamente sfumature ribelli e resero il presente nubiloso, imprigionato in una perfida trappola chiamata arrogantemente “amore” vissuto osservando un telefono muto.
I desideri di Chloé avuti in gioventù e mai inseguiti, si trasformarono presto in rimpianti malefici il cui dolore, costrinse la donna a ribaltare le suggestive e ricorrenti supposizioni, assecondate per troppo tempo nella finzione di essere felice.
Lunghi e ansiosi respiri si susseguirono a tratti e disturbarono il silenzio inquietante della stanza mentre le lacrime avanzarono senza tregua e spianarono la strada alla frustrazione, alienata dalla consapevolezza di non aver vissuto pienamente il suo presente.
Chloé, avvertì l’amaro sapore della sconfitta che non seppe contrastare e avvilita dalla rassegnazione nascose il viso fra le mani.
In preda alle contraddizioni e incapace di assumere posizioni ancora più dolorose, rilesse gli ultimi messaggi, brevi e bugiardi, ricevuti dal suo amante: “Abbiamo poco tempo per stare insieme…non chiamarmi, sono con mia moglie!”
Già… la moglie -ebbe a pensare Chloé- la donna con cui il suo amante aveva sancito il vincolo della fedeltà e non aveva poi rispettato; la persona che stava crescendo i loro due figli, rinunciando alla professione e persino al rispetto, vittima quanto lei dello stesso uomo, della stessa attesa e forse delle stesse illusioni.
Un brivido di amarezza percorse il corpo di Chloé desiderosa com’era di restituire purezza al sentimento, quello che lei non aveva rivolto a se stessa preferendo vivere nell’ombra e nell’attesa perenne di quell’uomo.
Scese il tramonto e raggiunse la donna nella penombra dello stesso angolo della casa, quella in cui il suo amante la custodiva da più di due anni, per poi possederla nei ritagli di tempo alternati ai doveri familiari e agli impegni professionali e sociali da cui Chloé era stata esclusa.
Le emozione scaturite dai troppi pensieri, frastornarono Chloé e la costrinsero a vagare smarrita nel disordine accumulato nelle stanze.
Alcuni capi del suo vestiario, sostavano da giorni ai piedi del letto. Ella li raccolse, li annusò e li ripose dentro l’armadio. Sfiorò poi la seta degli abiti eleganti, rammaricata di non avere occasioni per indossarli.
La donna, viveva infatti, circondata dalla solitudine in una città sconosciuta, senza un lavoro, né amici con cui svagarsi. La sua vita era rimasta a Parigi assieme alla speranza di costruire una famiglia e un vissuto degno da raccontare. All’epoca dell’incontro con l’uomo, che sarebbe poi diventato il suo amante, Chloé ignorava fosse già sposato e persino padre.
Ma si sa, le donne innamorate si lasciano trasportare facilmente dalle emozioni e spesso costruiscono convinzioni e speranze che alterano la razionalità ben lontana dalla realtà.
Avvolta da asfissiante svogliatezza, Chloé si portò a piedi nudi in cucina. Aprì il frigo e afferrò l’ultimo vasetto di yogurt alla fragola. Il gusto dolce e morbido al palato, la distrasse momentaneamente dai foschi pensieri. Appoggiata alla parete del frigorifero individuò il bicchiere sul tavolo, conteneva ancora un residuo del vino rosso lasciato dal suo amante.
Afferrò il calice, annusò il liquido rossastro e guardò attentamente il bordo del bicchiere in cerca dell’impronta lasciata dalle labbra dell’uomo, quindi adagiò sopra le sue, desiderosa di trovare quell’appagamento che invece non avvertì, né sforzò i ricordi per ottenerlo. Depose delusa il bicchiere in lavastoviglie e si avviò in bagno intenzionata a fare una doccia.
La camicia fetida di sudore cadde in terra e liberò il corpo ancora giovane e armonioso. Chloé scrutò allo specchio i fianchi, il ventre ancora piatto e si soffermò sui seni turgidi e la carnagione chiara. Ammise con rabbia di non essersi mai amata e per tale motivo aveva ceduto all’imposizione del suo amante di non creare altre vite. Provò pena per sé stessa ed espresse a voce alta il suo dissenso seguito da scatti violenti. Le illusioni -asserì tra le lacrime- non sempre proteggono e spesso si rivelano ostacoli che impediscono alla propria essenza di fluire, evolversi e lasciare traccia di sé!
Chloé non era più disposta a soffocare l’altra parte della sua essenza, quella che da anni stava consumando nell’attesa spasmodica di combinazioni rubate alla normalità del quotidiano. La condanna della solitudine avrebbe accentuato l’amara sconfitta se fosse rimasta lì, prigioniera della sua stessa vigliaccheria e intrappolata in un corpo lontano dall’essenza.
Lo specchio cominciò ad appannarsi per via del vapore che invase la stanza e offuscò l’immagine della donna.
Il getto dell’acqua fredda sul corpo nudo, risvegliò i sensi di Chloé e annullò la fatica della notte dedicata interamente ai preparativi frettolosi e alla pulizia dell’appartamento. Era felice e canticchiò persino sotto la doccia come non accadeva da tempo.
Un biglietto aereo di solo andata, sarebbe stato usato…da lì a poco!