Kabul si è arresa, ha vissuto la notte più lunga, quella dell’inferno, dell’aberrazione dei diritti umani ceduti alla proliferazione della miseria e della sottomissione. Il barlume speranzoso vissuto per pochi anni, oggi è crollato frettolosamente nell’indifferenza dei “potenti” occidentali.
Non oso pensare alla tristezza che in questo momento, stanno vivendo le giovani donne afghane, rassegnate alla perenne sottomissione nel buio doloroso dei pensieri tetri, consapevoli di dover zittire persino le loro essenze pur di sopravvivere.
Niente più desideri da inseguire, niente più sorrisi da mostrare…cancellati come fragili speranze calpestate dalla cattiveria umana.
Gli occhi sono impauriti e sgorgano lacrime dolorose, segnano i volti innocenti dei bambini il cui destino, già stabilito, appare lontano dalla gaiezza.
Le donne che per ben venti anni hanno lottato per l’affermazione della loro dignità oggi ritornano alle catene della loro esistenza e piangono lacrime amare.
Chi non cede alla sottomissione, fugge disperato e nel tentativo di scappare da quel luogo, rimanda scene dolorose che raggelano il sangue dinnanzi a tale impotenza.
Molti, invece, accettano il cambiamento per non morire ma si è già cadaveri dinnanzi al fallimento della democrazia!