Avvolta nella calda lana della vestaglia rosa, Tania, guarda allo specchio l’immagine del volto segnato da impervie emozioni riconoscibili dai profondi solchi impressi. Sono tracce di ricordi ancora dolenti che hanno avuto persino la potenza di attanagliare il presente della donna, mai pienamente vissuto.
Sembianze stanche dal colorito opaco e spento che non rendono giustizia alla sua età anagrafica. La donna abbassa lo sguardo per impedire all’amarezza di sconfinare ancora una volta nelle lacrime.
Le palpebre appaiono leggermente cadenti e tumefatte e a tratti violacei. Nascondono occhi annegati nella tristezza infinita e spaventano chi li osserva.
Di colpo il formicolio avvertito agli arti inferiori, sconfina in un crescente tremolio capace di rendere nullo il tatto. Tania, fatica a stare in equilibrio. Scorge il rossastro del lobo sinistro sprigionare fuoco, mentre l’orecchio pulsa al suo interno un dolore forte e indefinito che affievolisce i suoni della stanza, dominati ora dalla repentina invadenza del suo stesso battito impazzito.
Tania è terrorizzata all’idea di perdere i sensi e si affanna a trovare la calma necessaria per mettere a tacere il turbinio di quelle emozioni devastanti. Apre frettolosamente il rubinetto e sotto lo scorrere dell’acqua bagna le mani e i polsi, poi con le dita, comprime i contorni del viso fino a rinfrescare il collo.
Il getto freddo contrasta malamente il calore raggiunto dal corpo per intercessione del potere distruttivo della mente e non accenna a darle tregua.
Tania, avverte la solita fitta partire dallo stomaco, quasi fosse una premonizione per ciò che accadrà da lì a poco. I brividi improvvisi invadono il suo corpo e raggiungono la mente, alternandosi a folate di calore che impediscono il regolare respiro.
Sono attimi disperati, irrequeti e scanditi da pulsazioni che sfuggono al controllo della vittima, divenuta impotente e consapevole del loro impazzire, insensibili alla richiesta disperata di tregua.
La sensazione destabilizza Tania ma non le impedisce di raggiungere la finestra, aprirla e inalare aria fresca e pulita. La donna ansima più volte aggrappata al fievole controllo della mente e del respiro stesso.
Svincola il pensiero malsano e si concentra su altro. Comincia così la conta di una sequenza numerica pronunciata al contrario e ripete ben trenta numeri nel tentativo di non cedere all’emozione mentre trasuda di dolore.
Quanti minuti sono trascorsi stavolta? Non lo sa neanche lei! È un tempo assai lungo, infinito e dominato da una sola emozione: la paura.
Pian piano Tania riprende il controllo del corpo e della mente.
I battiti cardiaci si acquietano e il respiro torna regolare. È ancora viva… pensa. Beve un sorso d’acqua e poi sfinita si accascia sul letto.
Squilla il telefono ma lei non risponde e rimane rannicchiata nella stessa posizione fetale, abbracciata al cuscino e lontana dai colori della vita, oltre la finestra.
Non le importa di sapere chi la cerca, non ha niente da raccontare e nulla per cui gioire. Le lacrime non hanno più freni, si lasciano andare e scorrono libere da ogni inibizione e controllo.
È un giorno festivo da vivere nella consapevolezza della gioia e nel calore della famiglia riunita, ma non per Tania. Lei si è allontanata dalla luce e da tutti. Le sue giornate appaiono scandite da ritmi forzati, insoddisfatti, vissute nel preludio della paura per le imminenti crisi da sopportare e il timore di non riuscire più a contrastarle.
Deve farsi aiutare e Tania lo sa oramai da tempo. Le crisi di panico le hanno barricato l’accesso alla vita e alla meritata serenità. Nulla è prioritario alla salute, acclama a voce alta, né alla cura della propria mente se intaccata da emozioni mai perdonate, da vissuti non accettati e sbagli che ancora tormentano…
E così mentre le lacrime offuscano la luce che penetra dalla finestra, Tania prende in mano il telefono e digita il numero di una psicoterapeuta. È tempo di perdonarsi e ricominciare a vivere.