Dalle chiacchiere si sta passando ai fatti e sono fatti inequivocabili che vanno tutti nella stessa direzione. Il Milan cinese è ai titoli di coda. Sarà un passaggio lento e non banale, ma quello che sta accadendo, e che accadrà settimana prossima quando è in agenda il prossimo consiglio di amministrazione del club di via Aldo Rossi, fornisce un quadro già sufficientemente chiaro sul futuro dei rossoneri e del loro attuale proprietario.
Ma di fatti parlavamo, eccoli quindi: l’aumento di capitale da 35 milioni che permetterà al Milan di chiudere la stagione sarà garantito dal fondo Elliott (anche se, ufficialmente, Li non ha ancora chiesto l’aiuto del fondo, ndr) che, quindi, non solo di fatto concederà un nuovo prestito ma assumerà in qualche modo un ruolo da tutore del club. Oltre al rifinanziamento, Elliott affiancherà Fassone in occasione dell’incontro (decisivo) con l’Uefa per il settlement agreement, passo fondamentale per evitare sanzioni e la conseguente svalutazione del Milan. Questo secondo aspetto non è affatto trascurabile, perché facendo leva – ma non è nemmeno necessario – sul potere dei soldi prestati e sul diritto sulle azioni ottenute in pegno, Elliott inviterà Yonghong Li a farsi progressivamente da parte e muoverà i primi concreti passi verso la cessione della società.
Elliott da una parte, quindi, pronta ad assumere la “gestione ad interim”, e Mr. Li dall’altra. Scrive ilCorriere della Sera, a firma di Milena Gabanelli e Mario Gerevini, che mentre in Italia si è appena cominciato a giocare la partita Milan, in Cina è già bella che finito il “match Yonghong Li“. Iltribunale del popolo di Shenzhen ha infatti ufficialmente dichiarata fallita la Jie Ande sulla quale pendeva una richiesta di liquidazione per bancarotta da parte della Banca di Canton. Niente che possa apparentemente interessare il popolo milanista, se non fosse che la Jie Ande altro non era che la società più importante e liquida tra quelle indicate nel curriculum di Mr. Li. In altre parole: se alla domanda su quali fossero le garanzie finaziarie della proprietà cinese del Milan, la risposta poteva (bastava?) essere la Jie Ande, queste garanzie oggi non esistono più al punto che, ipoteticamente, gli eventuali creditori potrebbero rivalersi sulle proprietà di Li e, quindi, anche sul Milan.
In questo clima e con il quadro “apocalittico” che va delineandosi, è evidente che in casa Milan la voce del padrone non è più quella, appunto, del padrone, ma quella di chi mette i soldi, vale a direElliott. Non a caso, scrive Repubblica, il dossier Milan sta già circolando da qualche tempo su tavoli economicamente importanti. Si è parlato, una settimana fa, dell’interesse di un emiro arabo,Saeed Al-Falasi, dell’uzbeko Alisher Usmanov e di un non meglio specificato fondo statunitense. Tutta carne al fuoco sopra un incendio che è appena scoppiato e attorno al quale sta facendo da scudo Elliott. Sia chiaro: Li non lascerà domani e l’eventuale nuovo proprietario non arriverà dopodomani. Ma la strada sembra segnata. E sull’era cinese del Milan sta calando, lento ma inesorabile, il sipario.
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