Amo i solitari, i diversi, quelli che non incontri mai. Quelli persi, andati, spiritati, fottuti. Quelli con l’anima in fiamme.
Henry Charles Bukowski
Sergio Sozi, un italianista che vive in Slovenia! Un grande scrittore, che si offre alle mie interviste… ma non perdiamo tempo: iniziamo subito!
Chi è Sergio Sozi? Parlaci di te come persona. Dove vivi, cosa fai, cosa ami, le tue passioni.
Sono una persona dotata di una certa, incessante, autogena e a volte sfrenata fantasia e passione per l’umanità; sono un lettore di cinquantasei anni, pieno di lacune, amore e passione per la letteratura italiana; sono una persona normale che prova a scrivere coscienziosamente letteratura da trent’anni e pubblica libri dal 2000, rifiutando compromessi. Vivo a Lubiana, dove sono sposato con una donna eccezionale che fa il mio stesso lavoro con gran talento e professionalità e padre di una figlia adolescente. Per il resto dirò: “Odi et amo, quare id faciam fortasse requiris? Nescio. Sed fieri sentio et excrucior” (Catullo. Non son degno di tradurlo, fatelo voi se vi va).
Giovedì non è il tuo romanzo d’esordio. Avevi scritto altro, prima: altri romanzi, saggi, racconti, brevi interventi… ce ne parleresti?
Ho ancora la sensazione di aver scritto, fra i tanti che ho pubblicato, almeno un romanzo davvero “dulcis et utile” all’Italia: “Il menù”, edito da Alberto Castelvecchi Editore nel 2009 e per il quale ringrazio tuttora con profonda riconoscenza il letterato romano (monteverdino!) Gianfranco Franchi. I miei saggi su Claudio Magris e il filosofo Umberto Galimberti li diedi al bravo Franceschino Giubilei delle Edizioni Historica. Maugeri con la sua Letteratitudine mi diede un’ottima spinta per farmi conoscere in rete. Recensisco su Inchiostro e ho lavorato dieci anni per le pagine culturali del Giornale dell’Umbria, qualcosa su L’Unità e il settimanale Avvenimenti. Ho fondato e diretto il trimestrale culturale I Polissènidi. Eccetera. Oggi, nel 2021, avrei nel cassetto degli inediti – racconti, romanzi, interviste a letterati, saggi ecc. – sufficienti per poter pubblicare tre libri all’anno per altri dieci anni almeno.
Come è nato questo romanzo? Chi o che cosa ti ha offerto lo spunto? Fatti di cronaca? Oppure hai incontrato nella tua vita qualcuno dei personaggi ed hai deciso di dargli vita letteraria?
Giovedì, romanzo uscito a fine 2020 con Ensemble Edizioni di Roma, è un’opera che non ha uguali in Italia, nel bene e nel male. E scaturì (nel 2010 poiché allora la scrissi) da una serie di idee e concetti di carattere filosofico, storico culturale, morale e spirituale incentrati su noi italiani (popolo che approfondisco in questo senso anche tramite un intreccio molto denso e significativo). Quasi sempre i miei romanzi o racconti nascono da idee, sogni e concetti miei, la realtà non mi attrae affatto e me ne frego il più possibile. Tutto quel che scrivo – incluse le miriadi di rimandi e allusioni sempre presenti dappertutto nei miei scritti – è frutto della mia personale fantasia o da essa filtrato e rivisto, eccetto quando attingo direttamente da qualche evento o frase che sento, perciò lo specifico in qualche nota o con le virgolette. Non mi ispiro mai a notizie di cronaca e la cronaca la leggo poco o niente. Casomai faccio eco ad altro di diversa origine: cose familiari, dette o capitate ad amici, parenti, colleghi, o estratte lontanamente da libri, parole che odo, realtà minime, miei sogni ecc. Ma spesso succede che della fonte mi scordo perché l’opera che ne sgorga è sempre più importante, almeno per il sottoscritto, rispetto all’ispirazione. Che tuttavia, ripeto, spesse volte non esiste al di fuori di me stesso e della mia fantasia sempre assai viva.
Chi è lo scrittore? Uno che crea personaggi e li dirige, oppure uno che incontra per caso un personaggio e lo segue?
Esistono tanti scrittori quanti uomini, non solo “uno” e neanche “due” tipi. Io posso parlare abbastanza bene solo di me stesso. Forse. Spero.
Chi o che cosa ti ha ispirato nel descrivere con “pennellate” perfette il carattere di personaggi come Aulo, Sabina, Cesilio Acastino o il truce Lucio Amuleio?
La letteratura latina, i tipici personaggi delle commedie plautine o di quelle greche di Menandro, delle storie di Petronio (il mutilo ma sempre trascinante “Satyricon”, probabilmente il primo romanzo “europeo” ante litteram), di Luciano di Samosata, dell’immortale Virgilio (l’Eneide è un insegnamento, una ricca storia pregna di eventi e di spirito morale e religioso) ecc. Ed anche gli italiani degli anni Sessanta e Settanta fan parte della mia ispirazione di fondo: quegli italiani che agli antichi antenati nostri ancora somigliavano molto in tutti i sensi (pure linguisticamente parlando eh. Notate bene che Italo Calvino negli anni Cinquanta parlava di noi intitolando “I nostri antenati” la sua preziosa trilogia ambientata fra Carlomagno e l’illuministico ‘700. Eravamo ancora noi stessi in quell’epoca, non vuoti burattini come oggi).
I loro comportamenti non sono legati solo alla vita. Sbaglio?
No, sono legati alla mia volontà di esprimere dei significati precisi. Sono metaforici, simbolici, espressivi. E rimandano alle religioni dell’Italia: paganesimo grecoromano e cristianesimo cattolico. Di questo parlo in Giovedì dando voce a un sagrestano che ha un piede nel 2010 e l’altro… assai prima nel tempo…
Il ruolo delle donne nel tuo romanzo.
Due importanti sono Sabina, la fidanzata del protagonista e sua madre Cornelia, che ho rappresentato ricordando la mia reale. Le donne sono importanti per natura, non serve dirlo e sottolinearlo, basta riconoscerlo per come è.
Per uscire dal discorso sul tuo romanzo. Al giorno d’oggi, gli adolescenti vengono allevati in famiglia, ma dis/educati dai social. Nella grande maggioranza dei casi, purtroppo! Sei d’accordo?
Decisamente sì. Infatti, ho fondato un Gruppo di Facebook (La Piazzetta Letteraria) in cui son bandite le parolacce e si ragiona e si sente con cuore, cervello e rispetto per tutte le età. Cercando di far salire il tenore degli interventi e delle discussioni sulla cultura letteraria italiana.
Anche la tecnologia sfrenata isola le persone, le rende impedite e refrattarie alla comunicazione, accentua l’insofferenza verso gli altri. Sbaglio?
Dipende da come la si usa, la tecnologia. Anche la stricnina, a bassissime dosi, diviene una medicina e cura certi malanni. Dipende da noi. E dai genitori che dovrebbero seguire i loro figli e sapere cosa fanno, non disinteressarsene come succede spesso oggi, che le famiglie e gli appartamenti familiari sembrano un incrocio fra il circo e l’albergo. Chi ama i suoi figli sappia come usano i mezzi di comunicazione sociale. E li educhi a rispettare il prossimo e a farsi una cultura letteraria, ché è l’inizio della cittadinanza responsabile. Niente lettura niente cittadini veri, solo burattini violenti e vittime delle mode.
Quali autori ti hanno incantato? Di quali ti sei innamorato e non ne faresti a meno?
Uccidetemi ma non toglietemi Omero, Ovidio, Virgilio, Properzio, Manzoni, Gadda, Vassalli, Queneau, Calvino, Bontempelli. E un’altra ventina circa.
Hai un sogno nel cassetto?
Pubblicare con un editore che mi paghi, promuova e distribuisca bene; e anche scrivere la sceneggiatura di film estratti da tre miei romanzi inediti: “Mica muscovite”, “Il dio di Lubiana” e “Sottosopra”. Il primo di essi è uno dei rari casi in cui mi sono ispirato (molto alla lontana) a due opere importanti: l’“Eneide” del maestro Virgilio e “1984” di Orwell, “Sottosopra” ha un protagonista birbantello la cui voce ricorda Nino Manfredi. “Il dio di Lubiana” farebbe vendere molte copie a chi ci scommettesse su cifre serie. Ma prima forse gli editori dovrebbero provare a leggerlo (absit iniuria verbo – leggere – non volevo offendere nessuno, lo so che la consuetudine attuale esclude tale predicato verbale, mi scuso per l’oscena proposta).
Hai già pensato al prossimo libro?
Lo sto scrivendo adesso. Un romanzo. Titolo provvisorio “Inverno rotto e senza ritorno”. Una storia avventurosa sulla poesia. Come sempre trama costruita con grande attenzione ai dettagli, personaggi che amo (spesso molto diversi da me, rassemblati unendo parti di diverse persone inesistenti, oniriche, semireali o quasi vere) e significato metafisico. In genere scrivo la sinossi e solo poi stendo l’opera, con vari riaggiustamenti in itinere.
Cosa speri per il futuro?
Di vivere in salute amando. E magari avere anche quel che mi merito: un guadagno da professionista delle lettere e dei contratti d’edizione con editori ben distribuiti, promossi e venduti (piccoli medi o grandi non importa: basta che facciano leggere le mie opere a molta gente e mi paghino quanto mi merito con il mio lavoro onesto sulle pagine. Io so solo scrivere dunque non voglio, solamente “devo” viverci). Ecco tutto.
Michela Tanfoglio