Amo i solitari, i diversi, quelli che non incontri mai. Quelli persi, andati, spiritati, fottuti. Quelli con l’anima in fiamme.
Henry Charles Bukowski

Amici carissimi,

sono tornata con una intervista al grande Massimo Tallone, uno scrittore con alle spalle più di trenta libri pubblicati. Un docente, un Maestro, un lettore, una penna che crea personaggi e nuove possibilità nelle persone… e io posso confermarlo: EditReal nasce grazie a un corso di Massimo Tallone, che mi ha donato la spinta per fare la scelta più giusta della mia vita.

Massimo Tallone: uno degli autori noir più apprezzati d’Italia. Parlaci di te. Dove vivi, che cosa fai, quanti libri hai pubblicato a oggi?

Intanto, grazie per l’intervista. Parlare di me ‘come persona’ mi turba. Credo infatti che la scrittura sia il mio modo per essere più persone e vivere più vite… In quella anagrafica vivo a Torino, e gran parte del mio tempo è dedicato alla scrittura, alla lettura, ai corsi che propongo e ai giochi enigmistici. I libri pubblicati sono una trentina, tra romanzi e saggi.

“Il cesto di ciliegie” è il tuo nuovo romanzo. Da dove nasce quest’idea?

L’idea di base è stata quella di ‘smontare’ il genere noir, costruendo una storia che si snoda a pezzi, come un mosaico di cui mancano alcune tessere. Il lettore assiste perciò alla formazione del noir, in senso tecnico. All’origine di tutto, però, c’è un evento che non posso citare, che viene rivelato alla fine del romanzo e che fa parte del romanzo stesso.

Le donne sono molto presenti nei tuoi romanzi: anche questa volta troviamo delle figure femminili dai tratti autentici. Che cosa ti spinge a creare e descrivere queste donne? Sono frammenti di donne che hai conosciuto nella tua vita?

Come ho detto, scrivere è il mio modo per accedere a porzioni nuove dell’umano. Ogni essere umano mi fa provare un senso di inadeguatezza, poiché vedo in quella persona caratteristiche che io non ho. Tutti mi sembrano più esperti di me in una cosa, in quella loro specifica competenza, buona o cattiva che sia e morale o immorale che sia. E perciò tutti mi incuriosiscono. Le donne, poi, mi paiono dotate di una maggior ‘varietà interna’. Forse mi sbaglio, ma ho come l’impressione che (parafrasando Tostoj) gli uomini si somiglino un po’ troppo, mentre le donne siano ognuna fatta a modo suo. E questa ‘specificità’ rende più interessante l’indagine.

I tuoi protagonisti spesso rappresentano e incarnano gli istinti più bassi dell’uomo. Chi o che cosa ti ha ispirato nel descrivere con “pennellate” perfette questi personaggi?

Gli esseri umani sembrano da sempre impegnati nel dare sfogo agli istinti più bassi, per dirla come te, sono spesso ben disposti alle scorciatoie morali, hanno attitudine per gli appetiti più insani. Il primo libro d’Occidente comincia con un furto, il frutto proibito, e prosegue con un omicidio: sembra un imprinting, la strada è segnata. Se la letteratura rende visibile la realtà (e io credo che sia così) allora è bene rendere visibile la filigrana dell’umano. Poi c’è il tema della precisione, delle pennellate a cui hai accennato: le parole possono evocare la realtà, ed edificarla di fronte a chi legge, a patto che la precisione lessicale sia totale. Se manca la precisione, se manca l’acutezza di un dettaglio evocativo o di una metafora sapiente, la realtà non appare. Per concludere, vorrei dire che ho creato anche personaggi dotati di una loro luce, come Susanna, di “Non mi toccare” e il suo fidanzato Duilio. Nel “Cesto di ciliegie” la stessa Elisa è una donna di valore non comune, di altissimo respiro artistico.

I loro comportamenti non sono legati solo alla vita. Sbaglio?

Bisogna definire ‘vita’. Se parliamo della vita biologica, hai ragione. Elisa, per esempio, ha bisogno dell’arte, per vivere. Nessuno, credo, è legato ‘solo’ alla vita. I progetti non sono vita, in senso stretto, ma tutti facciamo progetti. Nemmeno le speranze sono davvero vita. L’immaginazione è una forma di vita che ne allarga la definizione. La paura è una manifestazione esemplare di immaginazione; la paura è immaginaria, e non è vita, in senso materiale, eppure condiziona e deforma la realtà di molte persone. Chi è davvero vicino alla vita non ha paura. Basta pensare al capitano McWhirr, in “Tifone”, di Conrad.

Al giorno d’oggi, gli adolescenti vengono allevati in famiglia, ma dis/educati dai social. Nella grande maggioranza dei casi, purtroppo! Cosa consiglieresti ai genitori per stimolare nei propri figli il piacere della lettura.

La lettura è una delle forme della felicità. Ma è una felicità non immediata, non è ‘dopaminica’. L’istinto porta verso i piaceri dopaminici, quelli che danno un picco immediato di felicità. La lettura non è di quella famiglia. Perciò, per accedere a quella felicità occorre un addestramento, una fiducia alla cieca, o meglio, un esempio da seguire. La lettura è anche iniziatica: esige una ‘prova’ da superare per accedere a una congrega di eletti (e-letti), e la prova è l’attraversamento del libro stesso. Ma soprattutto, le creature che si affacciamo al mondo sono specchi, se vedono leggere, leggeranno. Se sentono parlare di una scala di valori ai cui primi posti ci sia la lettura, ci proveranno, ne saranno attirate.

Chi è lo scrittore, ma anche docente, Massimo Tallone?

Direi che sono la somma dei libri che ho letto e di quelli che ho scritto: mi sento come un soldato disperso nell’universo con un esercito di parole a disposizione con cui riconquistare quello stesso universo, rendendolo visibile, riconoscibile.

Quali autori ti hanno incantato?

Questa domanda potrebbe esigere una risposta infinita, ma il termine ‘incantato’ restringe la rosa. Direi Nabokov, Borges, Jane Austen, Romain Gary. Omero, Emmanuel Bove, Proust, Dürrenmatt…

Hai già pensato al prossimo libro?

Certo, e l’ho anche finito. Sono alla revisione. Ma ne parleremo a suo tempo…

Cosa speri per il futuro?

Sostengo spesso che il futuro sia il presente. Perciò cerco di dare al presente, ogni giorno, la forma del futuro. E poiché nel mio futuro, fin da quando avevo sedici anni, vedevo i miei giorni e i miei mesi assorbiti dalla affollata solitudine della scrittura, mi considero già nel futuro.

Michela Tanfoglio

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