Mentre l’Italia celebra in Liguria il nuovo ponte Morandi, in Sicilia dal 2015, il viadotto dello stesso progettista che ha dato vita alla struttura di Genova non ha avuto pace e tra i problemi strutturali e i piloni arrugginiti fa ancora i conti con la lentezza della burocrazia per essere reso agibile. 

Il viadotto è stato costruito nel 1970 e collega Porto Empedocle alla città dei templi: nonostante il “forte”  impatto ambientale è considerato una fondamentale arteria per far defluire il traffico.  

Chiuso il 16 Marzo del 2017 in seguito a un cedimento strutturale, due anni dopo fu riaperta una sola sezione del viadotto Akragas per poi essere nuovamente chiuso a seguito di altri cedimenti denunciati all’Anas dai cittadini.

A contestare la ripresa dei lavori, migliaia di persone capeggiate dai vari sindaci che ottennero il consenso al proseguo dei lavori, interrotti ancora una volta a causa del blocco dalla pandemia del virus.

La consegna dell’opera è stata stabilita entro la fine del 2021 e nel frattempo il costo come al solito “lievita” e purtroppo non è l’unico ponte, neanche in Sicilia, ad arricchire la lista delle costruzioni da rivedere nell’immediato per la sicurezza delle opere stesse e soprattutto per l’incolumità della popolazione.

L’ incubo della burocrazia, sempre in agguato, rallenta i lavori pubblici e permette allo Stato di non essere considerato efficente né competitivo nei confronti del progresso che vantano gli altri Paesi e non agevola lo sviluppo del nostro.

I lavori pubblici sono effettuati con il denaro dei contribuenti e non devono “tutelare” le varie società dei privati bensì il cittadino stesso, e perché no, anche le “casse dello Stato” pertanto la scelta di affidare la costruzione e la gestione delle opere pubbliche di tutto il paese, non solo deve essere immediata ma deve ricadere in modo consapevole e non più “lucrativo” sulle varie società gestionali.

Chi in passato ha condotto malamente tale gestione, trovando nell’incarico “acquisito” la sola possibilità di attingere al denaro pubblico senza la responsabilità adeguata per portare avanti con coscienza la concessione stessa, non dovrebbe più avere altre possibilità. 

I quattordici miliardi stanziati per la messa in opera delle prossime opere pubbliche non devono favorire “l’acquolina in bocca” per la politica e neanche gli “inciuci” con le varie società appaltatrici, dunque non è più tollerabile rinnovare gli errori del passato. 

Continuando con il solito “malcostume”, nulla procede verso il progresso atteso e la decadenza appare sempre prossima. 

Tale scelta coraggiosa dovrebbe essere la regola gestionale dei governi e non solo politica ma civile soprattutto dunque estendersi a più rami. 

Tutto appare sempre più fortemente collegato alla politica e mai a favore del cittadino che esausto come mai dalla presunzione dei pochi, adesso scenderebbe determinato in piazza armato dalla volontà di fare cadere i vari governi. 

(Immagine: BlogSicilia)

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