Lei è Ottavia, un’agguerrita avvocatessa di successo. È nel suo ufficio, sta congedando un cliente con il solito sorriso soddisfatto sulle labbra, quello esibito per l’ennesima “vittoria” ottenuta in tribunale, quando la segretaria le inoltra una telefonata. È Marta, la sua più cara amica fin dai tempi del liceo.
Marta la esorta a ricevere al più presto il suo compagno. Quest’ultimo è sull’orlo della disperazione a causa dell’ex moglie e prega l’amica di occuparsi del divorzio dell’uomo.
Ottavia acconsente e si rende disponibile a riceverlo. Qualche giorno dopo come da accordi, l’uomo si presenta in studio. È sulla quarantina, dall’ aspetto gradevole e curato. È intimidito e per sciogliere il ghiaccio Ottavia parla un po’ di Marta facendo riferimento alla loro adolescenza.
Il clima appare più rilassato e Ottavia invita il potenziale cliente a raccontare la vicenda personale, raccomandandosi di non omettere nessun particolare, tutto potrebbe servire. L’uomo si rattrista di colpo e parla sommessamente. Racconta di essersi allontanato volontariamente dall’ abitazione coniugale già qualche anno prima, a causa dell’esasperazione subita dalla moglie.
Adesso con Marta accanto, ha ricominciato ad amare e vorrebbe persino sposarla. Chiede pertanto la separazione ostacolata dall’ ex moglie per assurda ripicca. Provato dai soprusi subiti, durante la convivenza e proseguiti dopo essersi allontanato da casa, l’uomo descrive la donna bugiarda, pericolosa e avida di denaro, ossessionata dalla cura per il fisico quasi anoressico.
Dichiara di averla sposata per sfatare la minaccia di un suicidio annunciato e aggiunge di non averla mai amata. L’ha tradita e giustifica l’episodio. Viverle accanto era stato impossibile e nella disperazione del quotidiano, privo di sentimento e tenerezza, aveva sentito l’esigenza di rifugiarsi fra le braccia di un’altra donna.
La moglie aveva scoperto il tradimento e non lo aveva perdonato, accanendosi ancora di più fino a costringerlo ad andare via da casa, malgrado il figlioletto.
Ottavia esterna comprensione per il gesto. L’ uomo dice di averle lasciato l’abitazione ma di non essere disposto a cedere il figlio, adesso, conteso da entrambi.
Racconta i disagi vissuti dal bambino, di appena cinque anni, messo a dura prova dalla madre dedita a frequentare innumerevoli amanti e locali alternativi.
Si commuove al pensiero di non poter stare con lui e con disperato disappunto, accusa la donna di mettergli il figlio contro.Da una cartellina trasparente estrae alcuni fogli che riportano e-mail, messaggi deliranti e persecutori ricevute dalla moglie in preda alla gelosia, dopo aver saputo della relazione fra lui e Marta.
L’uomo esterna la paura di lasciare il bambino nelle mani della folle madre, instabile e cattiva. Ottavia è disgustata, come può una donna arrivare a tanto, scrivere quelle oscenità e usare il figlio? Prova pena per lei e rassicura l’uomo di occuparsi del caso con determinazione. Chiede dunque le formalità necessarie per procedere in tribunale.
Il suo cliente ha sofferto per anni una condizione disagevole a causa delle ripicche portate avanti dalla moglie instabile e umanamente non più sostenibile. Pertanto, avanza la richiesta della separazione con addebito e l’affido del minore al padre.
La causa ha inizio qualche mese dopo e come primo passo viene proposto a entrambi i coniugi l’opportunità di una separazione consensuale. La moglie sarebbe stata favorevole agli accordi proposti dal suo legale e accetta persino il “ribasso” della cifra di mantenimento offerta dalla controparte ma non acconsente alla collocazione del minore presso l’abitazione paterna e rifiuta l’accordo.
Ottavia insiste che è meglio per tutti, soprattutto per il bambino e sottolinea i disagi che ha dovuto subire il suo cliente a cui era stata negata la visita del figlio. A quel punto e prima che Ottavia, mostrasse al giudice la testimonianza che avallasse maggiormente la richiesta, la moglie urla disperata e accusa il marito di essere un bugiardo e di aver manipolato ogni forma di comunicazione avuta fra loro con lo scopo di farla interdire e toglierle il figlio, la casa e non passare neanche più gli alimenti.
Il giudice esorta la donna a calmarsi e la invita a uscire fuori dall’aula.
Ottavia sottopone alla visione giuridica i tanti messaggi arroganti e pretestuosi inviati dalla donna al marito e avanza persino la richiesta di stalking. Non contenta, affossa ancora di più la donna con l’accusa di cambiare continuamente uomini.
Non è certo un buon esempio per il figlio, lo trascura e inoltre è capace di inventarsi di tutto, persino malattie inesistenti pur di colpire la sensibilità e la moralità del suo cliente. Ottavia definisce la donna priva di scrupoli e destabilizzante per la prole a cui impedisce di avere un rapporto sereno con l’altro genitore.
Chiede pertanto di farla sottoporre a “CTU” e nell’attesa di verificare la presenza dei problemi sospettati, propone di affidare il bambino alle cure amorevoli del padre. Il giudice annuisce e rimane in silenzio a meditare qualche attimo. Approva la CTU per tutto il nucleo familiare, colloca momentaneamente il minore presso la madre e in attesa di esito, aggiorna l’udienza.
Ottavia sente l’amica al telefono, la mette al corrente delle ultime notizie e scherzando la invita già a organizzare il matrimonio, la vittoria è nell’aria. Nessun giudice affiderebbe definitivamente un bambino a una simile madre e a tal proposito, suggerisce all’amica un benevolo approccio con la “creatura” bisognoso di serenità, quella che la madre sta ostacolando.
Ottavia è stanca, ultimamente lavora incessantemente e anziché godere del giorno libero, trascorre in ufficio parte del tempo fra le pratiche da elaborare. Ha uno studio prestigioso da portare avanti e gode di ottima fama. È ancora giorno e decide di andare a prendere un aperitivo in centro.
Siede al tavolo nella magnifica piazza, definita il “salotto” della città, circondata da bellezze e antica architettura. Spegne il telefono e gode della vista della collina dinnanzi a lei. Vuole finalmente rilassarsi e ne approfitta per leggere il giornale. Il cameriere serve il drink richiesto e proprio in quell’istante si accorge dell’uomo in piedi in cerca di un tavolo libero. Sta cingendo la vita di una bella e appariscente ragazza.
Sorride contento, bacia sulla fronte la giovane donna e le sfiora amorevolmente i fianchi, invitandola a prendere posto accanto a lui. Ottavia lo osserva con la coda dell’occhio e per non farsi vedere copre il volto con il giornale e scruta ogni istante della coppia.
L’ uomo, ormai seduto, allunga le mani fino ad accarezzare il viso della bella accompagnatrice. La bacia delicatamente con le labbra e non smette di farlo. Ottavia ha visto abbastanza, paga il conto e discretamente si avvia verso l’auto. È pensierosa e ritorna in ufficio con l’intenzione di rivedere delle pratiche. Lascia sprofondare le spalle tese e sospira confusa.
Chiama Marta e non si stupisce di saperla sola il sabato sera. Il suo compagno non è con lei ha il figlioletto in casa e lo accudisce già dal giorno precedente. Ottavia manifesta curiosità in merito alla ex moglie e chiede ragguagli. Marta la definisce “pazza” e racconta di non averne sentito parlare bene né dalla madre né dagli amici del suo compagno e ancora meno da lui.
Lavora come segretaria presso una scuola pubblica, non ha nessun parente in città e neanche un bell’aspetto e infatti non comprende come possa avere così tanti amanti. Ottavia è sempre più perplessa e non soddisfatta dalle notizie ricevute, cerca notizie attraverso i social ma trova ben poco e nulla di fastidioso.
È tardi e il tarlo in testa non cessa a lasciarla, decide di sentire un investigatore, suo stretto e validissimo collaboratore. A lui affida l’incarico di occuparsi di due persone e quella stessa sera invia le loro generalità.
La pratica arriva in studio circa un mese dopo. Ottavia guarda curiosa le foto di una donna parecchio sciupata seppur sorridente. Quest’ ultima tiene stretta la mano del figlioletto. E’ ben vestito e intento a gustare il suo gelato. Visiona le altre e afferra fra le dita quella che ritrae la stessa persona con i sacchetti della spesa in mano. Indossa un semplice paio di jeans e ha ancora il viso stanco.
Le immagini rubate al vissuto della donna sono tante e tutte immortalano scene di vita normale, sacrificata da doveri e impegni di lavoro. Attimi personali violati da un estraneo che a sua insaputa l’ha fotografata ai giardini pubblici, intenta a guardare il figlio e a ridere con lui in braccio, mentre si avviano verso casa.
Ottavia è confusa. Legge la relazione pertinente agli spostamenti della donna, avvenuti nell’ultimo mese. Analizza scrupolosamente le informazioni raccolte sul suo conto, ingressi effettuati in ospedale, corse frenetiche con il figlio verso l’asilo e altri passi frettolosi compiuti per raggiungere in orario il luogo di lavoro.
Dunque nulla di eclatante o straordinario. Non viene mai fotografata fuori casa nelle ore serali neanche se in assenza del figlioletto in visita dal padre.
Passa poi alle immagini dell’uomo, ritratto più volte in compagnia di donne e con ognuna mostra atteggiamenti affettuosi. Ripreso all’ interno di una sala giochi mentre consegna del denaro all’addetto. Lo riconosce ancora, vestito di tutto punto all’ingresso di un locale notturno con una donna bizzarra sottobraccio. Nell’ultima immagine poi è intento a parlare e sorridere al telefono, noncurante del figlioletto imbronciato camminargli dietro.
Chiude gli occhi e porta la mano alla fronte. Ha appena avuto la conferma di essere stata ingannata e non solo lei. Ammette di aver difeso la persona sbagliata e di essersi scagliata violentemente contro la vittima. Ottavia ha senso morale e anche se deontologicamente sa che è lecito “mentire” in favore della difesa del cliente, stavolta sente di non doverlo fare e rinuncia alla causa.
Prende il telefono e avverte il cliente di non poterlo più seguire. Non dice altro, si scusa e non pretende nessun compenso per il lavoro già svolto. Ottavia non è in grado moralmente di colpire un innocente con quelle modalità. Non quella donna semplice e ancora meno potrebbe portarle via il figlio, attraverso false e pesanti accuse. Sigilla la relazione in una nuova busta e la invia in forma anonima allo studio legale avversario.
Infine scrive a Marta. Chiede perdono se non è stata in grado di tacere. Le vuole bene da sempre e non può essere complice di una persona sleale, né per la gloria di essere una professionista vincente e neanche per denaro. Al messaggio allega le immagini del compagno mentre si concede ad altre.
Vorrebbe confessarle la subdola manipolazione architettata dall’uomo ma non può e tiene per se la realtà dei fatti. Ciò che attribuiva alla moglie lo aveva fatto lui, danneggiando la donna con astuzia. Responsabile semplicemente di aver preteso l’abitazione, da entrambi acquistata e in cui avevano generato quel figlio voluto e amato.
La cattiveria dell’ uomo era esplosa quando la moglie, rientrando improvvisamente a casa, lo aveva trovato nel letto coniugale con una donna. Avrebbe dovuto chiedere lei la separazione con addebito ma non aveva osato farlo per amore del figlio e per non affrontare una costosa causa giudiziale, impensabile per le sue scarse entrate.
Persino i massaggi esibiti in tribunale erano stati scritti da lui e inviati al suo telefono da quello della ex moglie. La donna, distrattamente, aveva lasciato cadere il suo cellulare, nello zainetto del figlio mentre si recava dal padre per il consueto fine settimana.
La donna, vittima della disonestà dell’altro, subiva vendetta per essersi ribellata e preteso l’allontanamento del marito disonesto in nome della dignità ritrovata. E adesso era lei a volere la separazione per difendersi dalla violenza psicologica che stava subendo dall’uomo privo di scrupoli, bugiardo e sleale.
L’uomo, per paura della dannosa verità, “salata” da risarcire, aveva ribaltato le cose. Stava rovinando l’immagine della donna con parenti e amici e soprattutto architettava subdole prove per testimoniare l’instabilità psicologica della donna con l’unico scopo di portarle via tutto. Non amava il figlioletto e lo stava dimostrando ampiamente.
Collocava spesso il bambino dai nonni e in seguito lo avrebbe affidato alle cure della compagna abbindolata, mentre lui avrebbe continuato a sguazzare nei vizi. Era consuetudine inviare ad amici e parenti, potenziali testimoni in tribunale, fotografie e video in compagnia del figlio per costruirsi l’alibi del padre “perfetto”.
Nessun amante, nessuna pazzia solo tanta e infinita amarezza, messa a tacere dalla paura, nel silenzio delle lacrime e della solitudine di una donna buona e sfortunata.
Ottavia prende coraggio e chiama al telefono la donna ingiustamente accusata. Chiede perdono e la invita ad avere fiducia nella giustizia… perché vince sempre.