La storia dimenticata di Roberto Marin, un grandissimo Laziale e campione del passato che con la sua passione per il gioco del batti e corri ha onorato la Nazionale, la Lazio Bsl 1949, il Senators (Coca Cola) Roma e il Simmenthal Nettuno.
Quando nel 1959 la Roma vinse il suo scudetto i suoi giocatori più forti provenivano dalla Lazio che era stata sciolta l’anno prima per dissensi con la federazione, nel ’58. Uno tra tutti insieme a Giulio Glorioso, il più forte lanciatore di tutti i tempi, è stato Roberto Marin.
Marin, nato a Padova nel 1929 e morto a Roma nel 2001, ha esordito nella squadra romana di softball dell’Eolo da giovanissimo. È stato Campione d’Italia con la LAZIO BSL 1949, (1949 e 1955), con il SENATORS (COCA COLA) ROMA (1959), e con il SIMMENTHAL NETTUNO dove, dopo aver vinto nel 1963 il quarto tricolore del proprio palmares, giocando insieme all’ex compagno nella Lazio e nella Nazionale GIULIO GLORIOSO, chiuse una carriera entusiasmante in cui ha conquistato ben QUATTRO SCUDETTI e una COPPA EUROPA con la NAZIONALE, (1954), disputando dieci finali cinque delle quali vinte in quattordici anni di lucente e onoratissima gloria.
Nelle foto che lo ritraggono, provenienti dall’archivio storico della S.S. Lazio Baseball e Softball 1949 e di Rosanna Marin, la figlia maggiore, alcune fotografie e cimeli, tra cui la medaglia della vittoria del terzo scudetto in carriera che fu conquistato da ROBERTO MARIN nel 1959, indimenticabile atleta e uomo di sport, miglior giocatore in seconda base in Italia tra il ’49 e il ’63, quando lasciò completamente il baseball giocato per dedicarsi al lavoro e alla famiglia.
Il ricordo di ROSANNA MARIN
Rosanna è la figlia di Roberto “Papus” Marin, come abbiamo visto un vero e proprio mito della Lazio baseball dei gloriosi anni Cinquanta e in generale di questo sport a livello mondiale. Oltre a essere specialista in naturopatia è la presidente di un’associazione culturale impegnata sul litorale romano. Pur non amando stare sotto i riflettori ci ha gentilmente offerto la propria disponibilità a farsi intervistare per ricordare insieme a noi suo padre, venuto a mancare nel 2001.
“Di ricordi di Roberto ne ho pochi, soprattutto relativi al periodo della mia infanzia perché ho vissuto tanti anni all’estero, a Londra di preciso, dove mi ero trasferita per lavoro alla fine degli anni Ottanta.
Quando da piccola andavo in giro con mio padre mi portava spesso al complesso sportivo dell’Acqua Acetosa perché avrebbe voluto che imparassi a giocare a baseball. Purtroppo però ero ancora troppo piccola e poi la vita e lo studio mi condussero su altre strade.
Ricordo molto bene che era ghiotto di dolci e che ne aveva sempre qualcuno in tasca o in macchina. Ogni domenica mi portava al bar Vascello a mangiare le pastarelle. Da questo derivò il soprannome di “Papus”, che gli fu simpaticamente affibbiato dagli ex compagni della Lazio, tra i quali Giulio Glorioso, che mi chiamava affettuosamente “papusetta”, perchè gli piaceva mangiare e sopratutto i dolciumi.
Papà amava molto anche viaggiare in macchina e spesso mi portava con la scusa di andare a comperare il pesce fresco a Fiumicino. In realtà ci andavamo perchè gli piaceva molto competere con gli aeroplani in decollo e andava a duemila anche su strade sterrate con le sue automobili sportive, tra cui una Fiat 124 Sport che mi è rimasta impressa in maniera indelebile.
Così come le corse in auto fino a Firenze, a Napoli e a Perugia, dove mi portava a mangiare quando le bistecche, quando la frittura di pesce o le cioccolate..
La sua felicità durante quei viaggi è il ricordo più bello che serbo nel cuore. La musica, che amava cantare con me, Tex Willer e i libri gialli erano un’altra sua passione insieme ai blue jeans americani.
Una volta si presentò al matrimonio di un caro amico interamente vestito di jeans con mia madre che quasi si vergognava di lui.
Quando mi prendeva in braccio, avevo su per giù dieci, dodici anni, mi sollevava da terra con una sola mano e mi faceva sentire leggera come un piuma.
Era molto paterno con me a affettuoso e spesso mi sfidava a gare di corsa in discesa con la paura da parte mia di rotolare e sfracellarmi al suolo ma era solito badare a me accompagnandomi con le sue forti braccia.
Quando invece ai tempi del liceo mi veniva a prendere a scuola non c’era volta che mi vedesse parlare con qualche ragazzo o compagno di classe e non scendesse dalla macchina per fare il cosiddetto “terzo grado” allo sfortunato di turno che poi ovviamente terrorizzato dai suoi occhi verdi infiammati di gelosia mi toglieva addirittura il saluto.
Ogni tanto mi portava anche nei suoi cantieri edili e mi presentava anche a qualche giocatore della Lazio dello scudetto del 1974, tra cui Giorgio Chinaglia e Luciano Re Cecconi, ma anche a tanti altri che non conoscevo e che da lui acquistavano le case, come ad esempio Bud Spencer.
Tra i suoi lavori più importanti ricordo sopratutto la ristrutturazione dello Stadio Olimpico di Roma, dove spesso mi portava la domenica a vedere le partite della Lazio di cui era accanito tifoso.
Ora, dopo tanti anni sono contenta che la sua memoria sia rimasta ancora viva nella Lazio baseball, la società a cui dedicò gran parte della sua vita, conclusa sportivamente parlando nel 1963, all’età di trentaquattro anni, per la sua grandemente sofferta ma responsabile decisione di occuparsi soltanto della famiglia e del lavoro.”
Di Stefano Lesti