La Redazione ha contattato l’ex calciatore ed oggi allenatore Michele Pazienza per un punto sull’attualità delle squadre in cui ha giocato. Ecco le sue parole…

Michele Pazienza da calciatore ha giocato in grandi squadre e ha vinto anche trofei.
E’ ricordato per aver giocato tanti anni nel centrocampo della Fiorentina, e poi ha raggiunto l’apice della sua carriere nel Napoli, poi nella Juventus dove ha vinto una Supercoppa, e nell’Udinese.
Ora, appese le scarpe al chiodo, è un allenatore e noi gli auguriamo davvero una brillante carriera.

Dicevamo dei suoi trascorsi a Firenze dove era uno dei pilastri del centrocampo ai tempi di Prandelli allenatore: che ricordi ha di Firenze e della Fiorentina?

Innanzi tutto vorrei precisare che i periodi trascorsi a Firenze sono stati una tappa fondamentale del mio processo di crescita. L’apice credo però che sia stato raggiunto al Napoli dove ho giocato con più continuità e dove sono arrivato ad ottenere la qualificazione in Champions League.

Per quanto riguarda gli anni trascorsi a Firenze direi che è stata una esperienza bellissima e positiva: in quel periodo la Fiorentina veniva da anni in cui stava ricostruendo quello che era la realtà del club: c’era stata la retrocessione, poi il passaggio dalla Serie C2 alla Serie B e poi alla Serie A. Siamo arrivati poi in Coppa Uefa e in Champions League.

Io mi sono trovato nel periodo di rinascita ed è stato molto bello.

Cosa ne pensa del momento attuale dei Viola?

Credo che dopo tanti anni in cui la Fiorentina è riuscita a mantenersi a certi livelli, questo sia il momento di maggior difficoltà, in cui qualcosa non è andato nel verso giusto ed entrare nei dettagli farei fatica perchè non so cosa non abbia funzionato.

Può capitare. Ora bisogna riprogrammare il tutto e ripartire così come hanno fatto gli altri anni…

Se lei fosse l’allenatore al posto di Montella vorrebbe ricominciare da Chiesa oppure non si opporrebbe alla sua cessione se con l’importante ricavato arrivassero due/tre calciatori di spessore?

Mi piacerebbe sapere la volontà del ragazzo, che è fondamentale per effettuare una scelta. Dal momento in cui ci fosse la disponibilità a rimanere, credo che un giocatore come Chiesa sia importante e fondamentale per qualsiasi squadra…

Lei è stato a Udine dove la piazza la ricorda ancora con molto piacere: che idea si è fatta dell’Udinese? Come mai son finiti i tempi di Di Natale, Sanchez etc e perché la squadra non è più riuscita a tornare ai fasti di un tempo?

E’ chiaro che non tutti gli anni possono venir fuori giocatori come negli anni scorsi. Negli ultimi anni l’Udinese ha tirato fuori meno giocatori rispetto al passato ma comunque è una società che lavora molto bene, e non ha l’obbligo di arrivare ai vertici della classifica, ma è una società che ha l’obiettivo di mantenere la categoria.

Probabilmente ci ha abituato troppo bene negli anni scorsi. Quindi credo che una realtà come quella di Udine, mantenendo la categoria, abbia fatto il suo dovere.

E’ chiaro poi che nel calcio, come nella vita si può fare sempre qualcosa in più.

Però la programmazione e la mentalità che c’è a Udine negli anni prossimi porterà a qualcosa di importante.

Parliamo di vertice della nostra Serie A: lei ha giocato e vinto con la Juventus e ha giocato anche nel Napoli: pensa che i partenopei quest’anno abbiano fallito la stagione o sono in linea con i loro obiettivi?

Assolutamente non è stata una stagione fallimentare. Io credo che sia stata una stagione funzionale a quello che sarà la programmazione dei prossimi mesi.

Non dimentichiamoci che quest’anno il Napoli ha cambiato allenatore ed era abituato ad un allenatore che aveva una idea di gioco molto diversa da quella dell’attuale allenatore. Mantenere i livelli della passata stagione non era assolutamente semplice. Ancelotti ci è riuscito e credo che l’obiettivo sia stato raggiunto facendo anche un ottimo lavoro.

Sono state buttate le basi per migliorare questo Napoli.

Che allenatore è oggi Michele Pazienza? Assomiglia di più Sacchi o più a Capello?

Io sono un allenatore giovanissimo, che ha tanta voglia di imparare e tanta passione per questo sport. Avvicinarmi ad un allenatore rispetto ad un altro in questo momento mi sembra inopportuno, ma mi piacerebbe studiare entrambi e tirare fuori il meglio da entrambi gli allenatori.

Lei ha allenato il Pisa, il Siracusa in Serie C e quindi conosce questa categoria: notiamo che ogni anno la squadra che viene dalla C vince anche la B : perché , secondo lei? Quali sono le differenze fra B e C se esistono perché pare che non c’è ne siano…

In realtà la differenza c’è. In serie B trovi giocatori più pronti fisicamente e quindi abituati ad un altro tipo di intensità.

Una squadra che viene dalla C dopo aver vinto un campionato è formata da giocatori che hanno già dei meccanismi perfezionati e questo gli dà quel vantaggio che poi gli permette di avere risultati in una categoria superiore.

Sono convinto che le squadre che vengono da un campionato di Serie C fanno bene in B se fanno scelte mirate nelle zone del campo intervenendo sui giocatori di personalità e di esperienza.

Lei ha appena cominciato la carriera di allenatore: meglio giocare o allenare?

Ho smesso di giocare da poco: vivere questo sport da calciatore è bello ed entusiasmante, e ti lascia la testa libera rispetto a quando passi dall’altra parte. Allenare è un mestiere diverso. Ci sono responsabilità, non tutto dipende da quello che dai e che proponi ma molto spesso dipende da quanto i giocatori sono disposti a seguire quello che tu proponi. Ora direi con sincerità che la vita da calciatore sia molto più semplice di quella di calciatore.

Quale è il suo sogno più grande ora?

Il mio sogno è quello di realizzarmi così come ho fatto da calciatore, in questo nuovo ruolo, crescere il più possibile ed ottenere vedendo con i miei occhi il risultato del mio lavoro durante la settimana.

C’è un giocatore in questa serie A attuale che rispecchia il Michele Pazienza calciatore?

No, perchè oggi i centrocampisti moderni hanno caratteristiche diverse dalle mie. Sono più dinamici e capaci di fare le due fasi nello stesso modo. Io ero un calciatore abbastanza difensivo e non riuscivo con le stesse qualità a fare le fasi offensive.

Raffaele La Russa 

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