Femminicidi. Le sentenze non si discutono, tuttavia non si può impedire la riflessione sia sul merito che sui principi del diritto che siano stati applicati nella formulazione delle pene.
Che la gelosia che è una patologia venga considerata da qualche tribunale un’attenuante piuttosto che l’aggravante di un femminicidio mi fa rabbrividire, perché di fatto sentenze simili a questa di cui parlo oggi ci riportano indietro ai tempi degli omicidi cosiddetti “d’onore” e quindi di almeno sessanta, settant’anni.
E ciò sta avvenendo nel nostro miserando ex Belpaese con buona pace di chi tra i legislatori e i mass media si riempie la bocca di buoni propositi, mentre di contro ricolma le nostre già labili menti di confusione e senso di ingiustizia che provoca rancore e risentimento.
Oltre a dimostrare un totale quanto colpevole disinteresse pratico che sta palesemente contribuendo ad alimentare negli italiani la sindrome da “giustiziere della notte”, la medesima che di recente ha colpito il padre della bimba presuntamente abusata dal nonno che lo stesso padre ha ucciso.
O anche come nel caso dello sparatore che Salvini è andato ultimamente a trovare in carcere caldeggiando per questo disperato signore irresponsabili sconti di pena. C’è indubbiamente dunque da domandarsi dove stia andando il Paese e in quale pericolosa direzione ci stiano portando le nostre paradossali istituzioni..
Ai posteri l’ardua sentenza, quanto invece a noi di oggi ci scampi il buon Dio da certa giustizia e sopratutto dai governanti fomentatori di odio e paure irrazionali, oltre che dai politicanti e dai giornalisti indegni che fomentano e legittimano la paranoia che al giorno d’oggi è stata assurta a sistema. St.les
(IMMAGINE MEDIASET TELEVIDEO)