Di Stefano Lesti – Di fronte a una bara c’è chi vede la fine di una vita e chi soltanto una cassa di legno. C’è anche chi si commuove davanti alle lacrime degli altri e chi cerca di confortare.

Ma c’è anche chi è consapevole di assistere in realtà a una trasformazione, a una metamorfosi della vita umana perché crede e sa bene che le anime siano eterne.

Davanti alla morte ciascuno si ritrova di fronte a sé stesso davanti a un bilancio personale, e di fronte a questa ciascuno ha un diverso atteggiamento sia interiore che esteriore.

Personalmente credo nella risurrezione della carne quando Cristo tornerà di nuovo in persona sulla terra, e so che noi siamo come l’acqua del fiume che alla fine del cammino si ricongiunge con il proprio mare: la morte, dove sta la morte? Dov’è la sua vittoria?

Cristo è risuscitato ed è tornato in cielo per prepararci un posto accanto a lui nel regno eterno che verrà e io so che la Sua parola è verità e anche di fronte alla morte -che non considero “sorella” ma “passaggio di stato”- sono libero da ogni peso e umana paura.

È certo che sulla mia consapevolezza e atteggiamento riguardo la morte abbiano senz’altro influito esperienze che per qualche anno mi hanno condotto nelle case di riposo per anziani a svolgere servizi spirituali.

Ero d’ausilio di un ministro straordinario dell’Eucaristia con il quale ogni sabato mattina andavamo su missione della santa Chiesa di Roma a impartire l’Eucaristia agli ammalati e agli abbandonati da tutti e dai propri cari, ma evidentemente non da Cristo.

Pensavo illudendomi e con molta sufficienza all’inizio di rendere un servizio caritatevole, utile al mondo, mentre ho ben compreso con il tempo e sopratutto con le lacrime di essere stato io stesso il primo ad esserne stato beneficiato.

E infatti è stato in quegli anni tra il 2006 e il 2012 che riguardo la morte ho imparato che quando stiamo per arrivare alla meta terrena la cosa più importante per ogni uomo è soltanto di arrivarci con un cuore leggero, ossia privo di pesi e di rimpianti.

Mai arrivare alla fine della corsa con scuse da chiedere e perdono da meritare, meglio prima chiarire ogni contesa e dissidio; meglio amare e perdonare sempre il male subito prima che la “signora” dichiari la fine del transito materiale della vita umana.

Meglio di ogni cosa poi arrivarci con le benedizioni, i sacramenti e le preghiere della Chiesa universale, con i sorrisi, gli abbracci spontanei e il conforto di tanti volontari cattolici di cui dovremmo essere tutti oltre che fieri dato il lavoro sommerso, silenzioso e concreto di cui decidono di occuparsi spesso arrivando perfino a dimenticare sè stessi e le loro esigenze personali per amore di Dio.

Senza offesa per nessuno, ma io sono cristiano cattolico e romano praticante da quattordici anni, sono stato convertito anche io sulla via di Damasco e non mi vergogno né temo di dirlo, perché sopratutto non manco di rispetto a nessuno.

Tanto è vero che se rispetto tutti e amo, cercando di fare il mio in questo mondo sotto sopra è proprio perchè il Signore mio Gesù Cristo mi ha amato per primo, insegnando a me e a tutti noi come amare Dio al di sopra di ogni cosa, ossia amando i figli suoi senza distinzione alcuna: per Lui siamo tutti uguali.

Poi, semmai qualcuno dovesse un giorno avere l’ardire, la sfacciataggine di obbligarmi a rinnegare la mia fede, gli risponderei tosto che senza questa mia consapevolezza in Cristo Signore non potrei affatto comprendere e perdonare la sua blasfema richiesta, e nemmeno potrei sopportare di averla ascoltata, aggiungendo che qualora dovessi rinnegare Cristo, senz’altro reagirei subito dopo malissimo, facendogli pagare a caro prezzo: “occhio per occhio” e “dente per dente”, questo affronto sia alla mia cultura che al mio pieno diritto, oltre che sopratutto riguardo al mio Dio, che è un Dio di pace e non di guerra, che è il Dio della vita e non della morte, il padre e la madre dell’intero universo creato. E diciamolo!

La morte: dove sta la morte? Dov’è la sua vittoria? Dove sta il suo trionfo rispetto all’eternità della vita promessa a ogni uomo? Dov’è la sua forza di fronte al perenne amore di Dio?

SL

IMMAGINE: Tratta da “Il settimo sigillo” (1957) Di Ingmar Bergman. CINEMEDIOEVO.NET

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