Di Stefano Lesti – È il 31 luglio 1992 e sono passati dodici giorni dagli omicidi del giudice Paolo Borsellino e della sua scorta a Palermo. Mentre a Milano i dipendenti pubblici hanno recentemente contestato in maniera pesante il sindaco socialista Pillitteri le stragi e le inchieste di tangentopoli hanno fomentato al Nord e nel Nord-Est dello stivale lo sviluppo delle leghe.

In molti considerano all’epoca Bossi un salvatore, ogni stagione politica ne ha uno di presunto che poi puntualmente ci delude, ma non io, così scrivo una lettera al Messaggero di Roma che in quell’estate di 26 anni fa pubblica la mia analisi.

Avevo compiuto da un mesetto i 22 anni ed ero ancora un cucciolo, ma come vedi già mordevo, graffiavo e recalcitravo come il più forte e bello tra i re della giungla, sopratutto di fronte ai giornalisti intellettualmente disonesti e contro quei demagoghi che oggi chiamano populisti.

Tanto che di lì a poco sarei stato eletto consigliere, (’93/’97), nel consiglio circoscrizionale della mia città che mi ha permesso di tramutare parte dei miei progetti di sviluppo che essenzialmente consistevano nel mio esprimermi in azioni tese a dimostrare la differenza che passa tra i veri principi della politica e dell’amministrazione pubblica, e quei cialtroni e/o incapaci che fino a oggi ci hanno governato compreso nei comuni, affossando insieme all’Italia anche le speranze di molti bravi e onesti cittadini.

Speranze che ho oggi perduto e provo a concretizzare nel mondo dello sport, della cultura e del sociale, ma che per un periodo importante e storico ero riuscito a realizzare nella città di Ostia, il MARE DI ROMA, almeno fin quando i residenti miei stessi concittadini preferirono a me e alla mia clamorosa azione politica i corrotti e gli stolti che ci hanno affossati.

SL

IMMAGINE: IL MESSAGGERO, archivio di Stefano Lesti

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