Di Stefano Lesti – I giovani che sono nati dalla seconda metà degli anni Novanta sono cresciuti con i telefoni cellulari. A differenza nostra, non hanno mai avuto problemi di comunicazione.

Pertanto non hanno sviluppato l’ingegno che a noi era necessario e ci ha sostenuto portandoci a evolvere le nostre menti che diversamente dalle loro erano senz’altro più brillanti e sopratutto creative, quanto assai poco disposte all’appiattimento e al conformismo, a depressioni, criticità, insoddisfazioni, malesseri e crisi di identità attuali.

Ciò avviene perchè non si conquista una meta con sudore e sacrificio, ma ci si ritrova in testa senza essersi allenati per sviluppare i muscoli, il cuore e la mente che ci vogliono per arrivare prima di tutti e sopratutto continuare a farlo fino a quando è fisicamente possibile.

Succede quando si beneficia di battaglie altrui precedenti alla nostra nascita, quando si alza al cielo un premio che di fatto è stato vinto sul campo da altri, da quelli che per farti arrivare ad avere un cellulare in mano, hanno evoluto le proprie intelligenze risolvendo sì un problema, ma parimenti scavalcandoti e facendo appiattire la tua creatività, che un pò come i muscoli e l’intelligenza non usati si è col tempo lentamente atrofizzata fino a scomparire del tutto o quasi.

I nostri figli dal Duemila in poi, peggio ancora sono invece cresciuti in una società divenuta “social” che ha sviluppato contestualmente oltre alla tecnologia nuovi problemi sociali con cui mai il mondo si era confrontato prima: incomunicabilità, bullismo e limitazione al proprio diritto sia di corrispondenza che di privacy, senza parlare della violenza verbale che talvolta precede, evoca, annuncia violenza spesso anche fisica, una violenza che ahi noi i social ampliano, rendono visibile a tutti, come i notiziari che spettacolarizzano le notizie solo per essere guardati dal popolino.

Come si fa a non vedere ciò che io vedo? Come si fa a far finta di non vedere ciò ti sta di fronte? Misteri dovuti a molti studi che spesso non seguono il passo degli eventi, ma prima di esprimersi ufficialmente e scientificamente necessitano di anni e anni di prove, ricerche, sperimentazione, pubblicazioni su organi scientifici e quant’altro, mentre nel frattempo nessuno può impedire che un possibile veleno possa essere messo in commercio come è stato per l’amianto, tanto per stare sul pezzo.

Senza parlare necessariamente degli alimenti transgenici, delle antenne di telefonia e di quant’altro di relativo ai pericoli, è certo un veleno in circolo nella società l’uso distorto e inconsapevole dei social. Chi ad esempio oggettivamente potrebbe escludere al di fuori da ogni dubbio che in alcuni casi di femminicidio abbia avuto un ruolo marginale o focale l’uso strumentale di Facebook, Instagram, Wp o vattelappesca?

È indubbio che la rete e i social abbiano prodotto un bene, ma se non si considera e non si interviene in fretta sull’altra faccia della medaglia, sul lato oscuro, non si rischia di ritrovarsi poi un giorno non come oggi di fronte a un potenziale male, ma peggio ancora con un’arma impropria in mano e di fronte sempre carica e puntata su di te e chiunque nel mondo intero?

Meditate gente, meditate politicanti, meditate scienziati: meditiamo tutti!

SL

Immagine: ParmAteneo.it

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