Di Giuseppe Sesto – Parlando di alcool e giovani i numeri e le ultime statistiche relative al 2017 parlano chiaro e sono preoccupanti per ogni genitore: in Italia i consumatori “a rischio” (dagli 11 ai 18 anni) sono quasi un milione dei quali il 25% dei maschi, mentre il 7% delle femmine; il 17% delle intossicazioni da alcool che arrivano nei Pronto soccorso riguardano ragazzini al di sotto dei 14 anni.

Quello che mi ha scioccato di più è stata una frase rilasciata di recente a un giornalista da un bambino di undici anni che a fronte della domanda: “perchè lo fai?”, ha risposto parlando seriamente: “bevo per dimenticare”. Personalmente gli avrei chiesto oltre a tanto altro: chi ti dà da bere figlio mio? Dove trovi i soldi e gli alcoolici?

Ci sono le leggi che tutelano i minori dall’acquisto di alcolici e va bene, ma chi ne controlla l’esecuzione? Ma sopratutto, cosa fanno le famiglie? Quali tipi di esempio stiamo dando come genitori ai nostri ragazzi?

A fronte dei dati, le famiglie sono consapevoli della drammaticità del problema? Cosa fare da parte delle scuole, dei mass media e da parte dello Stato? Dove sta la prevenzione?

La nostra generazione, quella dei primi anni Settanta, è cresciuta all’aria aperta giocando e facendo sport chi sui prati e chi per la strada, e i nostri padri ci hanno insegnato che chi beveva alcool sarebbe morto sicuramente di cirrosi epatica. Ma sopratutto ci dicevano che chi beveva non poteva fare l’amore nè lo sport, cioè le due cose per noi più belle del mondo.

Loro, i nostri padri e madri, a differenza nostra di oggi, non sapevano che l’adolescenza fosse un periodo di grandi sconvolgimenti ormonali, fisici ed emotivi, di passaggio dall’essere bambini al mondo degli adulti, e ignoravano del tutto che proprio in questo periodo della vita per ragazzi e ragazze è fondamentale essere parte di un gruppo e dunque sposare tutte le scelte e le mode che “il gruppo” impone, anche quelle che poi così corrette o così sane non sono.

Tuttavia avevano imparato a vivere e a loro volta a pensare dai loro padri, nonni e zii che per tradizione e educazione gli avevano inculcato la capacità di distinguere il bene dal male e la mentalità di rifiutare le mode, o meglio le cattive abitudini, tra cui il consumo di alcool, un po’ a dire quelle stesse pratiche diffuse allora come oggi seppur diversamente tra i nostri adolescenti.

Loro sì che sapevano di dover dare ai loro figli e a noi nipoti il buon esempio che più ancora delle parole ti cambia la vita in un modo o nell’altro:

“Fai come ho fatto io che ho sempre frequentato persone migliori di me”.

Oggi peggio che in passato i più giovani rischiano di essere vittime di eccessivo consumo di alcool, il cui potenziale pericolo è oggi non più come un tempo un dato di fatto assodato.

Tuttavia a livello politico e sociale questo pericolo viene valutato solo a seguito di eventi drammatici o dopo anni, almeno fino quando ci si rende conto dei danni che questa sostanza abbia creato non solo alla salute quanto ancor se possibile peggio nella mente.

Una mente che oggi deformata da messaggi mediatici negativi e dagli esempi altrettanto negativi che si vedono in casa o comunque da vicino dovrebbe a mio avviso essere formata e indirizzata come noi ai nostri tempi allo sport.

G.S.

Per approfondire: https://www.wineinmoderation.eu/it/content/I-minorenni-e-il-bere.57/

Immagine: EmmeTv

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