Di Francesca Giambalvo – In che modo lo sport può fare prevenzione contro il bullismo?
Federazioni e società sportive sono sempre più sensibili ad includere elementi di natura emotiva, affettiva e psicologica nelle formazioni riservate ai propri tecnici. Non solo pratica, quindi, ma anche conoscenza dei meccanismi umani. Nella mia esperienza in questo ambito ho notato quanto le richieste dei partecipanti vadano sempre più spesso verso due direzioni:
- Interesse nell’osservare l’atleta oltre il suo funzionamento/rendimento sportivo per poterlo conoscere come bambino/adolescente/ragazzo.
- Richieste/domande dettati da un’esperienza diretta, come l’avere in squadra, in palestra o in campo bulli o ragazzi vittime di bullismo.
Guardare in ottica di prevenzione significa evitare che i fatti tragici si compiano. Per fare questo è necessario che gli adulti riconoscano la propria responsabilità educativa.
Gli allenatori e i tecnici che ogni giorno scendono in campo hanno un valore importantissimo nella crescita degli atleti perché, con il loro insegnamento, promuovono comportamenti a favore o a sfavore della socialità e con il loro esempio possono creare o meno un ambiente accogliente in cui stare bene insieme.
Ogni società sportiva dovrebbe avere un obiettivo da perseguire per ogni fascia di età allenata. Così come dovrebbe fare un’analisi e un bilancio, a fine anno, sui risultati ottenuti. Decidere in che direzione lavorare fa la differenza. Una società sportiva opera nel territorio attraverso una relazione costante con i propri atleti e le loro famiglie. Il valore di crescere nello sport però non è solo una questione atletica. Prima di allenare campioni e giovani promesse le società educano al rispetto proprio, delle regole e dell’avversario. Educano al successo e al fallimento. Questi elementi hanno un grandissimo valore nella società “civile” e vanno ben oltre il risultato in classifica. Se si guarda in prospettiva, educare all’essere parte di una comunità, contribuisce a formare i cittadini di domani.
Prevenire in 5 punti.
- Conoscere il fenomeno. Spesso si etichetta qualsiasi comportamento aggressivo come bullismo. E invece no. Non tutta l’aggressività ha a che fare con questo tema.
- Saper riconoscere le diverse forme di comportamento aggressivo. Ci sono aggressività normali che i ragazzi hanno bisogno di esprimere. Un allenatore preparato riesce ad incanalare questo istinto e a farlo esternare all’atleta in modo sano.
- Avere la capacità di gestire i conflitti. Tu allenatore che assisti ad una scena di violenza, fisica o verbale, dentro lo spogliatoio o fuori dal campo, come intervieni?
- Conoscere le dinamiche di gruppo così da creare gruppi solidi e incentivare comportamenti a favore dell’accoglienza, dello stare bene insieme.
- Imparare a dare feedback efficaci significa valutare la prestazione invece di giudicare la persona, differenza sostanziale! Valutare in maniera corretta favorisce il rapporto tra atleta e allenatore, aiuta l’atleta a fare meglio e ad avere una visione di sé più positiva.
Se si lavora nella direzione dell’educare ai valori che lo sport promuove allora gli allenatori, i tecnici e i dirigenti avranno fatto molto di più che allenare. Avranno reso l’ambiente sportivo un luogo in cui ci si diverte, ci si sente bene e nel quale si decide di rimanere. Un ambiente in cui ci si sente accolti favorisce un clima positivo tra i ragazzi che ne fanno parte, migliora i risultati e previene fenomeni di bullismo.
In che modo, nella tua realtà sportiva, promuovi comportamenti capaci di generare unione, stare bene e accoglienza?
Dott.ssa Francesca Giambalvo – Psicologa, consulente in psicologia dello sport
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