Presidente Buccioni, dove sta andando lo sport?
Questa è una domanda che ci potrebbe tenere impegnati in settimane intere di riflessioni. Proverei a dire qualcosa di essenziale che può sconfinare sul banale ma tanto è.
Lo sport è un mezzo, il mezzo più idoneo e naturale per coltivare il fisico e la salute da quando si nasce. Siamo passati da epoche in cui lo sport era considerato una sorta di stravaganza, di elitario che a oggi finalmente è visto come una necessità irrinunciabile.
Io direi che sia questo l’aspetto più importante in positivo del percorso storico dello sport a livello mondiale fatto fin qui.
Azzarderei anche a dire, a teorizzare che il miglioramento generale del benessere fisico da cui consegue l’aumento della media di vita altro non lo sia dovuto che allo sport.
Non vi sono dubbi che lo sport sia stato anche un mezzo di sincera integrazione tra popoli, lingue, culture e religioni diverse e questo è un fattore che nel tempo si è consolidato.
Il secondo aspetto che vorrei evidenziare sono le contraddizioni e controindicazioni che il percorso di crescita e sviluppo dello sport implica.
L’approccio professionale ad esempio non lo considero uno stravolgimento e nemmeno una diversificazione o un dirazzare, a patto che questo approccio non vada a stravolgere i principi base dello sport perchè in tal caso può diventare una potenziale perversione.
Qual è invece la situazione nel nostro Paese e nel continente europeo?
Sulla specificità italiana balzano all’occhio in negativo l’assurda impreparazione e i ritardi nel mondo della scuola, incapace di recepire nei fatti e nelle strutture sia la crescita che lo sviluppo dello sport e il benessere fisico tra i ragazzi che oggi non solo in Italia ma un po’ in tutta Europa sono diventati un fatto marginale.
A che cosa è dovuto secondo lei questo atteggiamento se vogliamo schizofrenico da parte delle istituzioni che da una parte parlano e dall’altra fanno poco e niente?
Essenzialmente non ci si adegua ai tempi, ma non è una novità. Ricordo che quando da ragazzo andavo alle scuole medie e al ginnasio, tra il ’67 e il ’75, il problema era grosso modo il medesimo di oggi.
Trovavo soprattutto sconvolgente che a fronte di appena due ore di educazione fisica a settimana -di cui gran parte trascorsa a fare tutt’altro fuorché l’attività vera e propria- dovevamo prima indossare la tuta e poi rivestire con gli abiti civili, rientrando in classe tutti sudati e accaldati per proseguire le ore successive di studio.
Da allora sono passati quarantatré anni e sono ancora più sconvolto di allora perchè siamo a tutt’oggi in uno stato di arretratezza che non è più tollerabile.
Siamo un pò come prigionieri di uno stato di cose segnato oggi come ieri da un direi ormai tradizionale quanto negativo scarso interesse istituzionale in tal senso, sopratutto la scuola non può immaginare a mio parere di proseguire ulteriormente su questa strada.
Continua
FINE SECONDA PARTE
APPUNTAMENTO A MERCOLEDÌ 16 MAGGIO
Stefano Lesti