Di Giuseppe Sesto – Centodiciassette reti, un centravanti italiano e di razza nel contesto di una stagione stellare fermata sul più bello sia in campionato che in coppa europea da gravi errori arbitrali, e a quattro giornate dal termine è ormai pacifico che la grande sorpresa della Serie A sia stata la Lazio, eccezion fatta per chi ha creduto fin dal ritiro in quel di Auronzo di Cadore che la squadra fosse competitiva rispetto alle più spendaccione, Inter e Milan su tutte, accreditate all’inizio dai giornalisti sulla fiducia, o meglio, prima di fare i conti con l’oste.
In primis ci hanno creduto il presidente Lotito, il diesse Tare e mister Simone Inzaghi, che è stato capace di riportare la vera Lazialità sia in campo che sugli spalti di uno stadio Olimpico che a differenza dei grandi mass media sta tributando in queste settimane finali i giusti onori e meriti a uno squadrone quale nella sponda romana del Tevere biancoceleste non si era più visto dai Salas e Veron, dai Simeone ai Roberto Mancini di Sven Goran Eriksson, un vincente assoluto innalzato agli onori del calcio mondiale da Sergio Cragnotti.
Colui che primo in Italia fece esordire in borsa una società di calcio e che mai, almeno fino a questa stagione fatale era stato scalzato da Claudio Lotito, giunto in forza di vittorie, record battuti, risultati e sopratutto il recupero da quest’anno del difficile rapporto con la Curva Nord nel posto più alto nel cuore dei tifosi biancocelesti che fin dal suo arrivo a Formello nel 2005 lo avevano fin troppo spesso contestato talvolta anche oltre misura.
Ma il tempo si sa è galantuomo e allora diamo a Cesare quel che è di Cesare. Ciro Immobile, Luis Alberto, Milikovic-Savic, Lucas Leiva, Senad Lulic, Parolo e Stefan Radu sono indubbiamente opera sua e di Igli Tare. Sono loro almeno per la comune opinione le stelle più brillanti di questa squadra che per i meriti di Inzaghi, allenatore, psicologo e motivatore, e di tutta la rosa, sta regalando a tifosi, conoscitori e appassionati di calcio, lampi e saette di pura luce che andrebbero messi in evidenza nelle scuole calcio, se non altro per insegnare e tramandare alle nuove generazioni la filosofia che sta portando la Lazio contadina e tutt’altro che milionaria laddove in pochissimi osavano soltanto sperare a inizio stagione e per di più davanti agli occhi di tutta Europa che ha trepidato per la sua inspiegabile eliminazione dall’Europa League.
Giuseppe Sesto

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