Siete pronti per domani sera? Desiderio da esprimere? Sulla spiaggia, in terrazza, su un prato in un posto lontano dalle luci della città, ovunque voi siate, domani tutti con il naso all’insù, alla caccia della stella cadente, che scientificamente parlando sono lo sciame meteorico delle Perseidi.
Nel passato intorno a questo fenomeno sono sorte molte leggende.
Quella legata alla tradizione cristiana associa la stella cadente alle lacrime di San Lorenzo, il santo martire, giovane arcidiacono vissuto sotto l’imperatore Valeriano. Il giovane venne proprio ucciso il 10 agosto arso vivo su una graticole. Leggenda vuole che le stelle di quella notte non fossero altro che le scintille dei carboni ardenti oppure le sue lacrime.
Secondo la tradizione romana invece le stelle cadenti erano la manifestazione del Do Priapo, che portava abbondanza, fortuna e prosperità.
In altre culture invece questo fenomeno era associato al pianto divino portatore di possibili disgrazie. Come l’invasione nel 902 di Sicilia e Calabria da parte dei Saraceni.
In Persia si associava a possibili disgrazie o a demoni portatori di caos. Nella tradizione indù erano considerate le anime dei morti che tornano per reincarnarsi e passare a nuova vita.
Leggete anche la leggenda di Splendore (Amore) e Lorenzo che una volta l’anno il 10 Agosto sarà trasportato dalle farfalle, le Papillo Ulysses, nel cielo e di notte si confonderà con le stelle ricongiungendosi con i frammenti di Splendore riunendosi in una sola cosa, la notte dell’Amore.
Questa tradizione delle stelle cadenti è cosi radicata nella vita comune che troviamo riferimenti anche nella letteratura come ad esempio il poeta Pascoli che parla di questo fenomeno nella famosa poesia 10 Agosto in cui rievoca la morte del padre ucciso proprio quel giorno. Eccola di seguito:
San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto:
l’uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.
Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!